di Vindice Lecis
Cento anni ci separano da quel 21 gennaio 1921 quando a Livorno i delegati della frazione comunista abbandonano al canto dell’Internazionale il XVII congresso nazionale socialista e al teatro San Marco danno vita al Partito comunista d’Italia. Il primo comitato centrale è composto da Belloni, Bombacci, Bordiga, Fortichiari, Gennari, Gramsci, Grieco, Marabini, Misiano, Parodi, Polano, Repossi, Sessa, Tarsia e Terracini. Qualche giorno dopo, il 25 gennaio, la Terza Internazionale dichiara il Partito comunista d’Italia “l’unica sezione dell’Internazionale comunista in Italia”.
Il Pcd’I e la sua organizzazione giovanile nascono dunque nel fuoco dell’aggressione fascista contro le organizzazioni del movimento operaio e nella lotta allo squadrismo montante. I suoi militanti sono aggrediti, assassinati, incarcerati. Il fascismo non spegnerà mai però una presenza comunista, pur flebile, nemmeno negli anni del regime trionfante, quelli del cosiddetto “consenso”. Il Pci resta clandestinamente in Italia, mantiene una presenza organizzata all’estero e i suoi militanti saranno presto l’ossatura delle Brigate internazionali in Spagna e della Resistenza in Italia.
La storia repubblicana è stata fortemente segnata dalle lotte e dalle idee dei comunisti italiani. Dietro le battaglie per i diritti del lavoro e delle persone, quelli civili e sociali, per l’applicazione della Costituzione, per uno stato sociale efficiente ed equo, contro il terrorismo fascista e di Stato e quello delle Brigate rosse, per il buon governo negli enti locali e per la solidarietà internazionale, i comunisti italiani sono stati sicuramente protagonisti.
Lo scioglimento del Pci ha segnato una cesura dolorosa – e col trascorrere degli anni sempre più inspiegabile e drammatica – nella storia italiana che, di fatto, non solo ha trasformato la sinistra in qualcosa diverso da sé ma l’ha fatta sparire.
Ho scelto, per ricordare questi cento anni, proprio le parole del Pci tra le tante: brani delle tesi del congresso di Lione del 1926; di un discorso di Togliatti nel 1944 sul partito nuovo; delle dichiarazione programmatiche del VII congresso del 1956 a proposito della via italiana al socialismo; del memoriale di Yalta del 1964; delle tesi del Congresso del 1979 a proposito di democrazia e socialismo.
Dietro queste parole ci sono alcune delle grandi scelte operate dal Pci nella sua storia, interrotta nel 1991 ma che forze nuove potrebbero riprendere, innovare e sviluppare. Cento anni, guardando avanti.
1/ Le tesi del III congresso del Pci (Lione 1926)
Forze motrici e prospettive della rivoluzione.
19- Lo sviluppo e la rapidità del processo rivoluzionario non sono prevedibili al di fuori di una valutazione di elementi soggettivi: cioè dalla misura in cui la classe operaia riuscirà ad acquistare una propria figura politica, una coscienza di classe decisa e una indipendenza da tutte le altre classi, dalla misura in cui era riuscirà ad organizzare le sue forze, cioè a esercitare di fatto un’azione di guida degli altri fattori e in prima linea a concretare politicamente la sua alleanza con i contadini.
Compiti fondamentali del Partito comunista,
23- Dopo aver resistito vittoriosamente all’ondata reazionaria che voleva sommergerlo (1923), dopo aver contribuito con la propria azione a segnare un primo punto di arresto nel processo di dispersione delle forze lavoratrici (1924), dopo aver approfittato della crisi Matteotti per organizzare un’avanguardia proletaria che si è opposta con notevole successo al tentativo di instaurare un predominio piccolo-borghese nella vita politica (Aventino) e aver posto le basi di una reale politica contadina del proletariato italiano, il partito si trova oggi nella fase della preparazione politica della rivoluzione.
Il suo compito fondamentale può essere indicato da questi tre punti:
- Organizzare e unificare il proletariato industriale e agricolo per la rivoluzione;
- Organizzare e unificare attorno al proletariato tutte le forze necessarie per la vittoria rivoluzionaria e per la fondazione dello Stato operaio;
- Porre al proletariato e ai suoi alleati il problema della insurrezione contro lo Stato borghese e della lotta per la dittatura proletaria e guidarli politicamente e materialmente alla soluzione di esso attraverso una serie di lotte parziali.
L’ideologia del partito.
25- Unità ideologica completa è necessaria al Partito comunista per poter adempiere in ogni momento la sua funzione di guida della classe operaia. L’unità ideologica è elemento della forza del partito e della sua capacità politica, essa è indispensabile per farlo diventare un partito bolscevico. Base ell’unità ideologica è la dottrina del marxismo e del leninismo, inteso quest’ultimo come la dottrina marxista adeguata ai problemi del periodo dell’imperialismo e dell’inizio della rivoluzione proletaria.
Il Partito comunista d’Italia ha formato la sua ideologia nella lotta contro la socialdemocrazia (riformisti) e contro il centrismo politico rappresentato dal Partito massimalista. Essa non trova però nella storia del movimento operaio italiano una vigorosa e continua corrente di pensiero marxista cui richiamarsi.
26- Nonostante le origini da una lotta contro degenerazioni di destra e centriste del movimento operaio, il pericolo di deviazioni di destra è presente nel Pcd’I. Nel campo teorico esso è rappresentato dai tentativi di revisione del marxismo fatti dal compagno Graziadei sotto la veste di una precisazione “scientifica” di alcuni dei concetti fondamentali della dottrina di Marx.
27 – Legato con le origini del partito e con la situazione generale del paese è parimenti il pericolo di deviazione di sinistra dall’ideologia marxista e leninista. Esso è rappresentato dalla tendenza estremista che fa capo al compagno Bordiga…
- Dall’estrema sinistra il partito viene definito, trascurando o sottovalutando il suo contenuto sociale, come un “organo” della classe operaia, che si costruisce per sintesi di elementi eterogenei. Il partito deve invece essere definito mettendo in rilievo anzitutto il fatto che esso è una “parte” della classe operaia…
- Per l’estrema sinistra la funzione del partito non è quella di guidare in ogni momento la classe sforzandosi di restare in contatto con essa attraverso qualsiasi mutamento di situazione oggettiva, ma di elaborare quadri preparati a guidare la massa quando lo svolgimento dell’azione l’avrà portata al partito…
E’ inevitabile come conseguenza di queste posizioni, la passività politica del partito. Di essa l’”astensionismo” fu nel passato un aspetto. Ciò permette di avvicinare l’estremismo di sinistra al massimalismo e alle deviazioni di destra.
2/Il discorso di Togliatti a Firenze (3 ottobre 1944)
Un partito nuovo per l’Italia liberata.
… Noi comunisti italiani, primi fra i comunisti di tutta l’Europa occidentale, ci troviamo di fronte al nuovo e grave compito di creare un partito comunista, in condizioni completamente nuove…
Noi non possiamo essere più soltanto un’associazione di propagandisti degli ideali del comunismo, di una società socialista. Non possiamo soltanto limitarci a fare questo. Sarebbe assurdo che noi, partito comunista, rinunziassimo a fare la propaganda delle nostre idee, anche per quello che concerne gli avvenimenti più lontani, che non vediamo oggi immediatamente realizzabili ma che si realizzeranno, e per i quali continueremo la lotta sino in fondo. Quindi è giusto svolgere la propaganda dei nostri princìpi, delle nostre dottrine, dei nostri ideali. Ma noi oggi ci troviamo di fronte ad un altro ben più vasto problema: salvare il paese dalla catastrofe, e salvarlo in modo tale che questa catastrofe possa essere evitata per l’avvenire…
E qui io voglio sottolineare tre punti che devono essere ben chiari dinanzi al nostro partito.
- Il carattere speciale, l’impronta nazionale che prende il nostro partito.
- La possibilità che si è aperta al nostro partito di partecipare al governo, e che cosa significa questa partecipazione al governo.
- Il carattere di massa e popolare che deve avere il nostro partito.
Quando noi avremo ben compreso questi punti fondamentali, tutti i problemi pratici del nostro lavoro si presenteranno più facili, perché avremo già compreso qual è la linea fondamentale sula quale dovremo indirizzarci per realizzarli.
Da che cosa deriva questo carattere nazionale del nostro partito? … Le vecchie classi dirigenti reazionarie pensavano una volta di essere loro le depositarie di questa idea della nazione. Per questo accusavano noi di essere antinazionali. Voi ricordate tutta la propaganda del fascismo, che tentava di metterci al bando della vita nazionale – e ci mise per più di vent’anni – accusandoci di essere antinazionali, di non comprendere gli interessi del popolo italiano nel suo complesso e non solo della classe operaia, ma dell’intera comunità.
E badate, quando io parlo di nazione che cosa intendo? Cosa intendiamo noi marxisti quando parliamo di nazione? Noi intendiamo la classe operaia, la classe contadina, la massa degli intellettuali, la massa dei lavoratori del pensiero e non soltanto quelli del braccio: impiegati, professionisti. Noi escludiamo dalla comunità nazionale soltanto quei gruppi egoistici, quelle classi possidenti, reazionarie, le quali non sono capaci nella loro politica … di elevarsi al di sopra della considerazione dei loro gretti interessi e di mettere al di sopra di questi gli interessi generali del popolo del loro paese.
Per questo, se oggi la classe operaia, diretta dal suo partito non si facesse avanti e non dicesse: “Siamo noi, oggi, che sappiamo difendere contro tutti gli interessi generali del paese, cioè della nazione” non vi sarebbe in Italia un’altra classe in grado di fare questo.
3/La dichiarazione programmatica dell’VIII congresso (1956)
Democrazia e socialismo nella via italiana
I comunisti sanno che una trasformazione in senso socialista delle strutture, e con essa la soluzione delle fondamentali contraddizioni interne della nostra società, possono essere realizzate soltanto con la conquista del potere politico della classe operaia e dei suoi alleati. Ma … di fronte all’urgenza dei problemi del lavoro, della terra, della miseria, i comunisti dichiarano apertamente che lo smantellamento delle più arretrate e pesanti strutture della società italiana e l’avvio a una trasformazione in senso democratico e socialista non possono e non debbono essere rinviati all’ora della conquista el potere da parte della classe operaia e dei suoi alleati; ma possono e debbono essere perseguiti come obiettivi concreti e realizzabili, da raggiungersi con la lotta economica e politica dei lavoratori.
Di qui passa la via italiana per il socialismo, alla quale questa lotta prepara i più larghi consensi, assicura pozioni avanzate, per battere in breccia le roccaforti del privilegio e dello sfruttamento capitalistico.
Il rispetto, la difesa, l’applicazione integrale della Costituzione repubblicana è il cardine di tutto il programma politico del partito. Indispensabile è il rispetto di tutti i diritti democratici, a cominciare da quelli operai in fabbrica;
Deve essere confermato e difeso il carattere laico e civile dello Stato e di tutti gli organi della pubblica amministrazione con una netta distinzione tra il civile e il religioso, che, nel rispetto assoluto di tutte le norme costituzionali, consenta l’attuazione di tutte le libertà assicurate nella Costituzione, ma impedisca l’assoggettamento di fatto della vita politica e delle attività governative alle autorità religiose.
La presenza attiva del marxismo nella cultura italiana e più in generale lo sviluppo di un grande movimento operaio illuminato dalla dottrina marxista-leninista, già ha contribuito a svecchiare la nostra cultura, a superarne l’isolamento provinciale, a correggere alcune deformazioni retoriche, a ridare dignità alla scienza; ha costituito il baluardo più efficiente contro l’oscurantismo clericale e le attuali forme di decadenza, di misticismo, di evasione dalla realtà.
Il marxismo-leninismo si è innestato sul filone progressivo della cultura nazionale, che va dal Rinascimento e dalla successiva rinascita della scienza fino ai pensatori democratici del nostro Risorgimento, a Cattaneo, a De Sanctis, ne ha raccolto l’eredità, ne ha portato avanti in modo conseguente l premesse e le esigenze. Esso ha trovato in Italia elaboratori geniali che l’hanno utilizzato per comprendere la nostra storia e analizzare le strutture della nostra società: Antonio Labriola e Antonio Gramsci.
4/ Togliatti: il memoriale di Yalta (1964)
Autonomia e solidarietà internazionalista
Nel complesso, noi partiamo, e siamo sempre convinti, che si debba partire, nell’elaborazione della nostra politica dalle posizioni del XX congresso. Anche queste posizioni hanno però bisogno, oggi, di essere approfondite e sviluppate. Per esempio, una più approfondita riflessione sul tema della possibilità di una via pacifica di accesso al socialismo, ci porta a precisare che cosa noi intendiamo per democrazia in uno Stato borghese, come si possono allargare i confini della libertà e delle istituzioni democratiche e quali siano le forme più efficaci di partecipazione delle masse operaie e lavoratrici alla vita economica e politica.
Sorge così la questione della possibilità di conquista di posizioni di potere, da parte delle classi lavoratrici, nell’ambito di uno stato che non ha cambiato la sua natura di Stato borghese e quindi se sia possibile la lotta per una progressiva trasformazione, dall’interno, di questa natura… Ciò comporta, naturalmente, una radicalizzazione di questa lotta e da questa dipendono le ulteriori prospettive.
… La mia opinione è che, sulla linea del presente sviluppo storico, e delle sue prospettive generali (avanzata e vittoria el socialismo in tutto il mondo), le forme e condizioni concrete di avanzata e vittoria del socialismo saranno oggi e nel prossimo avvenire molto diverse da ciò che sono state nel passato. In pari tempo assai grandi sono le diversità da un Paese all’altro. Perciò ogni partito deve sapersi muovere in modo autonomo.
L’autonomia dei partiti, di cui noi siamo fautori decisi, non è solo una necessità interna del nostro movimento, ma una condizione essenziale del nostro sviluppo nelle condizioni presenti.
… Noi partiamo sempre dall’idea che socialismo è il regime in cui vi è la più ampia libertà per i lavoratori e questi partecipano di fatto, in modo organizzato, alla direzione di tutta la vita sociale.
5/Le Tesi del XV congresso (1979)
Una “terza via” al socialismo in occidente
- Il Pci lotta per un profondo rinnovamento del paese, per la salvezza e il progresso della democrazia, secondo la linea tracciata dalla Costituzione repubblicana, in modo da avviare la trasformazione dell’Italia in una società socialista fondata sulla democrazia politica; ed è impegnato a dare il proprio contributo all’avanzata degli ideali della pace e del socialismo in Europa e nel mondo.
- Si prolunga e si aggrava la crisi storica del sistema capitalistico e imperialistico… D’altra parte, anche nell’ambito dei paesi e delle forze che si richiamano agli ideali del socialismo e della liberazione nazionale si sono manifestati, in forme anche acute, divisione contrasti che pesano sul cammino dell’intera umanità
5. Il Pci sollecita e si propone di contribuire all’affermarsi di una solidarietà e di un impegno internazionalista che vada oltre i partiti comunisti. Oggi infatti il processo rivoluzionario mondiale vede in campo movimenti e correnti di emancipazione assai vasti e diversi. La solidarietà e l’impegno comune di queste forze sono necessari. Ma una nuova visione e pratica dell’internazionalismo può realizzarsi solo se si fonda sul riconoscimento che il moto di liberazione e la costruzione di società nuove va avanti vie e soluzioni che recano l’impronta di civiltà, di culture, di storie e di esperienze diverse.
… Non sono possibili né modelli universali, né cattedre di ortodossia ideologica, né centri esclusivi di direzione politica.
8. In Italia la trasformazione democratica e socialista è resa necessaria e attuale dalla crisi di fondo che da anni è aperta nella nostra società ed è resa possibile dalla forza e dalla maturità di un movimento operaio che ha il suo nerbo nel partito comunista. La stratega di una via democratica al socialismo e la concezione di una società socialista fondata sulla democrazia hanno le loro radici in tutto il recente processo storico nazionale, oltre che nella ricerca di Gramsci e Togliatti sulle condizioni e le vie dell’avanzata al socialismo in Italia.
Il riconoscimento e l’affermazione del valore della democrazia politica sono stati una salda conquista che il movimento operaio ha raggiunto già nella lotta contro il fascismo e nella Resistenza. In Italia furono le classi dominanti che provocarono la distruzione delle libertà democratiche. La classe operaia e le masse contadine, nella lotta per risollevare il paese dal disastro in cui il fascismo l’aveva gettato, fecero propria la causa della democrazia, dell’unità e dell’indipendenza nazionale.
9. La classe operaia, i lavoratori, vogliono e difendono un sistema di garanzie istituzionali delle libertà: e ciò, sia perché le libertà politiche e civili sono conquiste storiche di valore irrinunciabile… sia perché un regime democratico è il terreno più favorevole allo sviluppo della lotta di classe rivolta alla riforma della struttura economica e sociale.
La democrazia politica si presenta perciò come forza istituzionale più alta di organizzazione di uno Stato, anche di uno Stato socialista.
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