Svegliarsi con i fascisti alle porte dopo decenni di anti-antifascismo

Militanti di destra durante la commemorazione per l’uccisione di alcuni gerarchi fascisti fucilati a Dongo sul lago di Como, 2 May 2021. ANSA / MATTEO BAZZI
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di Vindice Lecis

Il 9 maggio il giornalista di punta del Corriere della sera, Aldo Cazzullo intervistò Giorgia Meloni la presidente del partito di estrema destra, Fratelli d’Italia. Trentacinque domande su tutto lo scibile umano (il padre, la madre, la figlia, La Russa, Atreju, Berlusconi, Draghi e altri quesiti “divertenti”) ma non sulla questione centrale che oggi è tornata d’attualità: il suo giudizio sul fascismo e la sua provenienza dal fascismo.

Nessuna domanda dunque sul tema scomodo, perché avrebbe deteriorato la connessione tra intervistata e intervistatore,  teso invece a fornire della Meloni un’immagine moderna, edulcorata, di destra spendibile, di oppositrice moderata e ragionevole.

Poi in successione sono arrivate da più parti le inchieste giudiziarie con gli arresti di esponenti di Fratelli d’Italia in crescita di consensi. Quindi l’inchiesta di Fanpage sulla lobby nera che ricicla con esponenti nazi fascisti – proprio così – ospitata nella Lega di Salvini e in Fratelli d’Italia. E le risposte tra il patetico e l’imbarazzato della Meloni.

Il cordone ombelicale con la storia nera dell’Italia non si è mai reciso. Meloni lo rappresenta.

In un altro Paese si sarebbero dimessi questi due “leader”. Ma in Italia no. Perché il fascismo, la sua apologia, la sua sottovalutazione, la sua lettura riduttiva sono stati sdoganati, accettati, inseriti nella normalità politica e istituzionale.

Fascisti e addirittura nazisti sono presenti nella Lega e in Fratelli d’Italia. Berlusconi fu il primo a far entrare nel governo fascisti come Tremaglia che mai aveva rinnegato Salò. E in questi decenni abbiamo assistito a una proliferazione di gruppi neofascisti, negazionisti, nazisti che allignano sulla rete e vivono di parole d’ordine a fusione tra nostalgismo e fascismo del nuovo millennio, incentrato sull’identità e sui valori occidentali (qualsiasi coso significhino).

I giornali hanno smesso da tempo di raccontare il conflitto sociale del paese e confinano in una breve notizia la molteplicità delle azioni violente neo fasciste ma non ne sanno raccontare la genesi.

La stessa cosiddetta giornata del ricordo istituita nel 2004 e passata in parlamento con l’opposizione solo dei due partiti comunisti nasce con l’obbiettivo di contrapporsi al “giorno della memoria” della Shoah e in pratica di controbilanciare il 25 aprile e l’antifascismo. Sdoganare dunque l’anticomunismo di stato.

La rete pullula di siti nazi  fascisti. Le edicole vendono i calendari con la faccia di Mussolini. Crescono le strade delle città dedicate a gerarchi fascisti o a esponenti del disciolto Msi come Almirante. Il monumento di Affile dedicato al massacratore Graziani è ancora al suo posto. Si definisce statista persino Pino Rauti (da un protetto del ministro Franceschini, Pd). La destra costruisce una nuova egemonia, riscrive pezzi di storia, si affida al revisionismo e all’indulgenza dello stato (a Sassari tutti assolti i fascisti di Casa Pound che hanno esposto su una bara la bandiera di Salò e militarmente schierati con il saluto romano).

Ci stiamo abituando all’afascismo nel migliore dei casi. Nel peggiore allo sdoganamento vero e proprio.

Nella narrazione della grande stampa e di una certa sinistra, l’antifascismo è stato rappresentato  spesso ingessato, vuoto simulacro, presa di posizione anacronistica. E’ emerso quello che Sergio Luzzato chiamò il post-antifascismo figlio delle tendenze liberali ansiose di affrancarsi da questa ingombrante caratterizzazione.

Inoltre è andata avanti con devastante progressione la fine dei partiti di massa, la crisi della rappresentanza, la scomparsa della sinistra seguita a quella del Pci. La sostituzione di un sistema valoriale con un antifascismo istituzionalizzato e poco vivo, privo di risposte verso larghe masse giovanili e di lavoratori e lavoratrici precarizzate, oltraggiate dal capitalismo liberista e finanziario e da una costruzione europea distante e ostile.

Se la sinistra è succube del pensiero dominante, nemmeno l’antifascismo potrà rafforzarsi. E quando un partito come il Pd vota l’equiparazione al parlamento europeo tra nazismo e comunismo fornisce proprio la rappresentazione di un abisso culturale, di un marasma di valori inconciliabile con l’antifascismo storico.

Ma è invece sempre più acuta la nostra responsabilità di affidare alle nuove generazioni storie, memorie, riflessioni sul fascismo, la Costituzione, la democrazia collegandole alle spinte per costruire una società del tutto diversa dall’attuale. Oppure avremmo perso ed episodi gravissimi come l’attacco alla Cgil saranno destinati a ripetersi se non ci sarà una grande e permanente risposta culturale di massa. E non solo quando la violenza diventa una sfida intollerabile.

 

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