Una bufala del 1949: il finto attentato a De Gasperi e quel processo vinto da Togliatti a Sassari

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di Vindice Lecis

S’io avessi saputo che fare l’avvocato portava a divertirsi tanto, avrei scelto la professione forense” disse Palmiro Togliatti agli avvocati Nino Marras e Giuseppe Perantoni. Erano seduti nell’aula del tribunale di Sassari il 21 gennaio 1950. Il segretario del Pci partecipava a un’udienza che lo vedeva come parte offesa. Si era infatti costituito parte civile, insieme al deputato comunista sassarese Luigi Polano, contro due giornalisti, autori di una lunga campagna di stampa basata, come stabilì una sentenza e successivamente ammisero gli stessi incauti protagonisti, su calunnie e invenzioni.

Ma non si trattava di una sciocchezza: Il corriere dell’isola – giornale democristiano stampato a Sassari e legato al gruppo facente capo al ministro dell’Agricoltura dell’epoca, Antonio Segni – aveva accusato Togliatti di essere stato il mandante di un attentato contro l’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. L’attentato, da effettuarsi forse con una pistola o, addirittura, con un cannone, doveva essere compiuto da un militante comunista sassarese, scelto con sorteggio durante una segretissima riunione svoltasi qualche giorno prima nella sede della federazione in Porta Sant’Antonio. Indicava il giornale della Dc anche i partecipanti a quella fatale riunione: Luigi Polano, Maria Polano, Mimma Paulesu, Fulvio Sanna, Giommaria Cherchi, Gavino Perantoni, Tarcisio Puggioni, Giovanni Lauretani, un certo Vanari e, appunto, il rivelatore del complotto, Giuseppe Cossu Pintus. Il giorno prescelto era il 1 aprile 1948, quando De Gasperi avrebbe dovuto tenere un comizio elettorale in piazza d’Italia a Sassari. Ma l’attentato non ci fu perché il presunto e mai svelato attentatore, si ubriacò e cominciò a cantare bandiera rossa nella sede. Fu quindi deciso di soprassedere e De Gasperi, ignaro, ripartì per Nuoro dove tenne un altro comizio. Del tutto incolume.

La “rivelazione” – dimostrata come totalmente falsa e inventata di sana pianta in sede dibattimentale – fu fatta da un giovane collaboratore del Corriere dell’Isola, Giuseppe Cossu Pintus di 23 anni che, per un breve periodo, aveva frequentato la sezione comunista di Sassari. Costui scrisse dal 11 agosto 1949 sino al 19 novembre dello stesso anno venti articoli sotto il titolo “sono stato comunista” con lo scopo di creare una campagna anticomunista tramite una macchina del fango contro i suoi dirigenti. Tipico prodotto del clima da guerra fredda che produsse dopo la rottura del governo di unità antifascista nel 1947 e la cacciata del Pci e del Psi, lo scontro frontale del 18 aprile 1948 dove la Dc ottenne la maggioranza assoluta. Altro risultato della battaglia senza esclusione di colpi fu l’attentato a Togliatti da parte dello studente Antonio Pallante il 14 luglio dello stesso anno.

Sono tanti i protagonisti e interpreti di quella vicenda definita da Silvano Reina nel suo bel libro rievocativo (pubblicato nel 1977 dalla Edes col titolo Il processo Togliatti – Spanu Satta. Una vaudeville sassarese del dopoguerra): oltre all’incauto e spregiudicato Giuseppe Cossu Pintus (“uno di quegli individui che si raccattano ogni tanto ai margini della vita pubblica o addirittura del giornalismo” lo definì Aldo Cesaraccio, allora capo redattore della Nuova Sardegna), il suo direttore Francesco Spanu Satta, facoltoso avvocato di 37 anni, il loro legale il potente Nino Campus, braccio destro e cugino di Antonio Segni, presidente Dc della Provincia. Dall’altra parte: Palmiro Togliatti, Luigi Polano, Girolamo Sotgiu – segretario della federazione – con gli avvocati Nino Marras e Gavino Perantoni abilissimi nello smontare il caso.

A far naufragare la costruzione ci pensò un tal Giovanni Lauretani, un minatore di Canaglia, appena uscito dal Pci. Fu un autentico colpo di scena quando costui, chiamato a confermare la tesi della preparazione dell’attentato da parte dei comunisti, cambierà clamorosamente versione. La Nuova Sardegna riportò fedelmente la sua dichiarazione in aula. Lauretani raccontò infatti che i dirigenti locali della Dc gli avevano chiesto di recitare una parte, quella del comunista pentito che svela il piano dell’attentato, offrendogli una ricompensa di centomila lire. Diecimila gli furono dati come anticipo proprio da Spanu-Satta. Inoltre gli proposero protezione e un nuovo lavoro. Ma lui, sconvolto dalla mitragliata di articoli contro il suo ex partito, mise quelle diecmila lire in una busta e la consegnò al segretario comunista Girolamo Sotgiu. Dopo questo nuovo colpo di scena, lo stesso Togliatti, assai divertito, avvicinato da un giornalista affermerà che “neppure Courteline avrebbe potuto immaginare un vaudeville così movimentato

La Nuova Sardegna riportò la deposizione di Togliatti e le sue risposte alle domande dell’avvocato Campus al quale non sembrava vero di rivaleggiare col Migliore per dimostrarne l’inaffidabilità e la doppiezza. Ma le cose andarono piuttosto male per i fautori del complotto. Preannunciato da un applauso, scrisse La Nuova, arrivò Togliatti proveniente da Olbia, dove era sbarcato al mattino. “Entra nell’aula senza cappotto, si ferma presso il banco degli avvocati e saluta il Tribunale con un inchino”. Il segretario del Pci svela come il direttore Spanu-Satta abbia disperatamente cercato una conciliazione e tentato di fargli rimettere la querela andandolo a trovare – ma fu ricevuto dal legale del segretario – a Roma. Presentò quindi il testo originale della dichiarazione scritta a macchina da Spanu-Satta con alcune correzioni da lui apportate a mano. Si trattava di una piena assunzione di responsabilità del giornalista: “Da parte dell’onorevole Togliatti – si leggeva nella lettera – e degli organi centrali e provinciali del partito comunista non vi fu però nel modo più assoluto l’intenzione di attentare alla persona dell’onorevole De Gasperi, né successero fatti tali che potessero lasciar sussistere sia pure minimamente una tale ipotesi”.

Come ricordò anche Luigi Polano, che nel 1948 dirigeva la federazione, in una successiva ricostruzione a Silvano Reina, “la richiesta di remissione di querela da parte dello Spanu-Satta, prima del processo, stava a dimostrare il fallimento del colpo mancino tentato dal Corriere dell’isola contro il Pci, che il Cossu Pintus e lo Spanu Satta erano nella più assoluta impossibilità di portare una qualunque prova delle accuse più gravi”.

Il segretario comunista in aula rispose a molte domande. Ecco uno stralcio tratto dalla Nuova dell’epoca.

Togliatti: Ora se si fosse trattato di un’affermazione generica, poi ritrattata, nulla da dire; ma si tratta di un fatto concreto: o esiste o non esiste. Come può, quindi, il direttore di un giornale dire prima che il fatto non sussiste e poi in tribunale che esso esiste?

Avv Campus: Il Cossu Pintus partecipò alle trattative?

Togliatti: A me non risulta

A quel punto viene sentito Spanu Satta che conferma la volontà di “confermare le dichiarazioni” contenute in quella lettera.

Ma fu proprio il collaboratore del Corriere dell’Isola far saltare la ritrattazione.

Presidente Pedroni (rivolto al Cossu Pintus): E’ disposto a firmare la lettera?

Cossu Pintus: No, nel modo più assoluto… Pertanto insisto nel dichiarare che quanto è stato da me dichiarato negli articoli incriminati è vero.

Togliatti: insiste che io abbia attentato alla vita di De Gasperi?

Cossu Pintus: uno di noi mentisce: o io oppure lei.

Presidente: conferma le sue dichiarazioni a proposito della lettera scritta dall’on.Togliatti all’on. Polano?

Cossu Pintus: Confermo di aver letto una lettera dell’on. Togliatti indirizzata all’on. Polano. In quella lettera si lamentava il fallimento dell’attentato a De Gasperi e la mancata formazione ideologica dei compagni sassaresi

Togliatti: Ma, scusi, l’ha vista o l’ha solo sognata questa lettera? (Rivolto al Tribunale) Mai scrissi una lettera all’on. Polano quando era segretario della Federazione comunista di Sassari.

Avv. Campus: ma quello era un cicchetto, non era una lettera…

Togliatti (si volta e sorride all’avv.Campus, poi si volge nuovamente al Tribunale): Sono menzogne tali che escono dai limiti di ciò che può comprendere la mente umana!

Campus tenta di portare il confronto sulle questioni ideologiche e politiche e chiede a Togliatti se il Pci abbia organizzazioni paramilitari. La risposta: “Il Partito comunista non ha organizzazioni paramilitari, in quanto ciò è contrario alle leggi della Repubblica”.

Avv.Marras: quale è la sua funzione all’interno del Partito?

Togliatti: Sono segretario generale del Partito comunista italiano.

Presidente: Quindi capo…

Togliatti: Capo è un’espressione un po’ ampollosa.

Avv. Campus: Togliatti sarebbe qui quello che Stalin è a Mosca…

Togliatti: Non proprio!

L’ulteriore frana al castello complottista riguarda le armi. Secondo Cossu Pintus, i comunisti in occasione dell’arrivo di De Gasperi a Sassari avevano fatto incetta di armi. Vengono pertanto ascoltati come testimoni il barbiere Vittorio Paolini che ha la bottega in Largo Ittiri, vicino all’esercizio gestito dal comunista Riccardo Dessì e il negoziante Agri. Costui sin dice sorpreso della convocazione. Spiega infatti che parlando “un giorno con Paolini seppi che in un portone attiguo al suo negozio erano state scaricate delle casse; ma poi ho appreso che erano casse di scarpe. Parlo del 1946, e poiché le scarpe scarseggiavano, il Paolini mentre mi insaponava per farmi la barba, mi disse che, se me ne occorrevano, mi poteva dare un indirizzo buono”.

L’11 marzo 1950 dopo due ore e 40 minuti di camera di consiglio il presidente Pedroni legge la sentenza: Francesco Spanu Satta è condannato a un anno di reclusione e 66.666 lire di multa per diffamazione a mezzo stampa e oltraggio; Giuseppe Cossu Pintus a due anni e tre mesi e 150 mila lire di multa. Entrambi pagheranno le spese processuali, il risarcimento dei danni a favore delle parti civili. La storia si chiuse il 6 aprile 1951 con l’Unità che titolò a pagina 7 :“Ritrattate le calunnie contro Togliatti e Polano” e nell’occhiello: “Ingloriosa ritirata di un giornale democristiano”. Nell’articolo venivano riportate per intero le ritrattazioni pubbliche di Giuseppe Cossu Pintus e Francesco Spanu Satta che rinunciavano ad appellarsi in cambio della remissione della querela. “Cosa che i nostri compagni, ritenendosi soddisfatti, hanno fatto”, commentava L’Unità.

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