Una discussione al bar sull’eterno fascismo dell’Italia senza memoria

Facebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedinmailFacebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedinmail

di Igino Panzino

Anche nel nostro bar si sente molto il caldo, ma non abbastanza da farci rimpiangere il fascismo (si sa che tra i primi effetti della temperatura che sale rientrano i danni all’apparato cerebrale), come invece sembra stia succedendo da diverse altre parti del Paese, a quanto pare proprio per via dell’estate torrida che stiamo attraversando. Noi invece abbiamo deciso di cercare di stare freschi per rimanere vigili.

“La verità è che l’Italia non ha mai saputo fare i conti col proprio passato fascista e con le sue tragiche responsabilità, come si può capire, per esempio, dal fatto che i documenti che certificavano i vari misfatti e le varie complicità di tanti italiani con i nazisti (compresi quelli che riguardavano gli insospettabili vicini della porta accanto che denunciarono gli ebrei, tra i quali non dimenticarono di segnalare anche i compagni di scuola dei loro figli), sono rimasti sigillati fino ai nostri giorni, senza che nessuno ci mettesse mano, in un armadio conservato in qualche ufficio nascosto del ministero degli interni, con le ante rivolte verso il muro, come a simboleggiare in modo tangibile, l’evidente intenzione, da parte delle autorità competenti, di rimuovere la nostra storia.”, dice il gestore, con la gravità richiesta dal concetto appena espresso.

” Perfino la Germania ha saputo fare meglio di noi sul piano del riscatto dal nazismo e dei conti con la propria storia, qua si è preferito seguire una via contraria, attraverso una politica di amnistie varie, metterci una pietra sopra, in nome di una malintesa urgente necessità di rappacificazione nazionale”.

“Non si è immaginato che così facendo si sarebbe dato adito a questa, purtroppo ancora attuale, ma totalmente ingiustificata, indulgenza verso la dittatura di Mussolini (condivisa anche da categorie di persone non necessariamente definibili fasciste), grazie alla quale, in realtà, non saremmo mai riusciti a liberarci completamente dai fasci e a impedire di fatto la ricostruzione del partito fascista sotto le mentite vesti dell’MSI.”

“Secondo questo punto di vista così clemente, l’assassinio di Matteotti è stato una quisquilia, una specie di trascurabile errore giovanile di inizio regime, (candidamente confessato dallo stesso duce) e altrettanto dicasi delle privazioni delle libertà (fisiche, politiche, sindacali, di stampa), delle leggi razziali, dei tribunali speciali, dei confini, dell’entrata in guerra, tanto per fare un elenco molto sommario dei disastri combinati dal regime.”, afferma, avvampando, la cassiera. “Vuoi mettere col senso di Patria e Famiglia trionfante, con i treni che arrivavano in orario, le bonifiche e la buona architettura del ventennio?”, interviene il barista con fare sarcastico.

A questo punto dice la sua anche un fornitore di vini (nessuno dei quali recante etichette con effigi di dubbio gusto, tipo ritratti di Mussolini, Hitler ecc. ecc.), che si trattiene al bar assorbito dalla discussione: “A proposito di atteggiamento del regime verso la cultura nel suo insieme, non solo verso l’architettura, ricordo una bella intervista che il critico d’arte Tommaso Trini fece al grande storico dell’arte (nonché ex sindaco di Roma) Giulio Carlo Argan.”

“Alla domanda su come valutasse la maggiore tolleranza verso la cultura che il fascismo mostrò rispetto al nazismo, lo storico rispose che secondo lui la differenza stava nel fatto che mentre il fascismo considerava la cultura come una specie di baggianata quasi priva di importanza (per cui si poteva lasciar fare intellettuali e artisti senza che si corressero grandi rischi, atteggiamento che ancora oggi perdura nella destra più reazionaria), al contrario i nazisti, nella loro germanicità, si rendevano perfettamente conto dell’importanza della cultura e del pericolo che poteva rappresentare, tanto da essere tentati di mettere mano alla pistola al solo sentir pronunciare quel termine, pensarono bene perciò di mettere a tacere l’arte così detta degenerata e tutte le voci fuori dal coro.”

Contento di sé per essere riuscito a esporre in pubblico il proprio pensiero senza perdere il filo, il fornitore, per festeggiare, decide di offrirci una bottiglia di vermentino ghiacciato, noi accettiamo, ringraziamo e continuiamo a meditare sempre allerta.

Si unisce anche il giocatore di flipper abbandonando la sua postazione e che, avvicinandosi al bancone, si lascia andare a un commento finale: “Il vero problema del nostro Paese è che non solo non ha saputo fare i conti col fascismo, ma non li ha mai fatti completamente neanche col resto della sua storia più recente, non con le bombe nelle piazze e sui treni messe dai fascisti e dai servizi deviati, non con le brigate rosse e il sequestro e omicidio Moro, non con la massoneria di Gelli, col delitto Ambrosoli, con le trattative tra Stato e mafia e via elencando. Tutto rimane avvolto in una nebbia mortificante dove la tendenza prioritaria resta quella verso una rimozione acritica del nostro passato, l’importante sopratutto è non andare fino in fondo per non dover trarre conclusioni, come se il nostro Stato fosse troppo fragile per conoscere e giudicare delle verità insopportabili.”

“Sembra che questo impulso spontaneo a sfuggire le responsabilità, sia ormai diventato un tratto distintivo del nostro carattere nazionale.”

Facebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedinmailFacebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedinmail

Be the first to comment on "Una discussione al bar sull’eterno fascismo dell’Italia senza memoria"

Leave a comment