Quei falsari della crisi (ecco cosa dicevano nel 2009 imprese, banche e governo)

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di Vindice Lecis

Tra paura, bugie e previsioni sballate. Quando a Cernobbio andò in scena la paura, l’incredulità e lo sgomento. Quando gli economisti, i fini analisti e i governanti dovettero rivedere le previsioni su quella che Marx aveva chiamato “immensa raccolta di merci” che è la società capitalistica. Senza capirci molto, a quanto pare. Quando la crisi esplose e come industriali e finanzieri la affrontarono. Per farla breve, voglio raccontarvi un’edizione del workshop Ambrosetti, quella del 2009, che ho seguito come inviato per la mia testata.

Ho ritrovato gli appunti di quella edizione, del tutto particolare. Perché a Cernobbio, sulle rive del lago di Como e in un ambiente raffinato in quei giorni di settembre andava in scena lo sgomento delle classi dirigenti sulla crisi scoppiata da un paio d’anni. Questi appunti confermano da una parte la non comprensione di molti dei protagonisti su quanto stava accadendo (anche spiegabile vista la profondità della crisi), unita però alla stupefacente superficialità interessata – di chi governava allora – nello spandere ottimismo con la convinzione che tutto si sarebbe aggiustato presto.

Tra le poche voci dissonanti ascoltai quella di Nouriel Roubini che parlava di “ crisi con caduta veloce” prevedendo una “risalita lenta”. Roubini ammoniva che “c’è troppo ottimismo” spiegando che “non abbiamo ancora imparato la lezione della crisi”. E aggiungeva: “Ci sono troppi economisti che credono che la crisi sia finita e che la crescita riprenderà, vivevamo in una grande bolla e molti non se ne erano accorti… Troppi continuano a sperare che sia finita, che le condizioni del mercato finanziario siano buone e che le banche vadano bene”.

L’altro economista, J.P. Fitoussi, prevedeva invece l’uscita dalla crisi nel 2012 e che in due anni comunque si sarebbero raggiunti i livelli del Pil del 2007. Tuttavia, spiegava di “non poter essere ottimista” a causa anche della crescita della disoccupazione che “potrà avere effetti sociali disastrosi con l’aggravarsi delle diseguaglianze”.

A queste preoccupazioni faceva eco invece l’interessato e facilone atteggiamento di industriali e politici. Il “falco” Bombassei, vice presidente della Confindustria, sfoderava “modesto ottimismo” dicendosi convinto “che soffriremo qualche mese”. Dando naturalmente un “giudizio positivo sul governo” (che allora era il Berlusconi IV con Tremonti super ministro, reduce dallo scandaloso scudo fiscale). Il banchiere Corrado Passera a sua volta ci assicurava che “il calo rallenta” ma bisogna “recuperare velocemente il ritardo accumulato”. Fulvio Conti, amministratore delegato dell’Enel: “La caduta della domanda di energia rallenta, questo indica una nuova prospettiva, un germoglio”. Franco Bernabè, ad di Telecom: “Ci sono segnali di ripresa”.

Il ministro Brunetta era salito alla tribuna per raccontare la sua previsione: “Nel 2010 il problema lavoro sarà risolto… E se Roubini non capisce glielo spiego io”. Emma Marcegaglia che allora presiedeva la Confindustria ci spiegava invece: “Ci sarà problema dell’occupazione non una catastrofe” che sarà occasione di “riconversione e ristrutturazione”. Poi era intervenuto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, fautore della finanza creativa e accolto come una star. Attaccò le banche che non mettevano soldi, lanciò i Tremonti-bond “per far funzionare le piccole e medie industrie”.

Ho riguardato i titoli della stampa italiana di quei giorni: Dai manager spiragli per l’occupazione (Sole 24 ore, 9 settembre), Ritorno alla crescita tra due anni (Il Sole 24 ore, 5 settembre), Industriali ottimisti, economisti meno (Corriere della Sera, 8 settembre), Nel 2010 questione del lavoro risolta (La Stampa, 6 settembre), La struttura del nostro sistema creditizio è equilibrata (Il Messaggero, 6 settembre).

Ps: non si vuole mettere alla berlina nessuno, la crisi è stata ed è talmente profonda da aver devastato l’economia mondiale. Solo elencare facilonerie, bugie, errori gravi. Non hanno però pagato i finanzieri e gli speculatori e i vecchi vizi stanno tornano in auge ora, dove qualcuno vede riprese che in realtà sono fallaci. Chi ha perso è il lavoro: atomizzato, smembrato, reso precario, svilito. E hanno subito i colpi maggiori proprio i lavoratori che, rispetto all’esplodere della crisi, oggi hanno meno diritti mentre lo sfruttamento è cresciuto a dismisura. Da quel 2009 ad oggi la società capitalistica col liberismo ha imposto jobs act e voucher, precariato, solo contratti a termine e lavoratori senza voce e diritti. Su questo almeno gli industriali e la finanza avevano visto giusto.

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