Quelli del San Patricio, eroi sconfitti dalla parte giusta

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di Vindice Lecis

Mentre compivano un genocidio di nativi americani, gli Usa smembravano il Messico. Sempre in nome della pace, della civiltà e del progresso, beninteso. Al termine della guerra d’aggressione 1846-1848, gli Stati Uniti con il trattato di Guadalupe Hidalgo si impadronirono di circa la metà del territorio nazionale messicano: Texas, California, Arizona, New Mexico, Nevada, Utah, parte del Clorado, Wyoming, Kansas e Hoklahoma.  “Tra le innumerevoli guerre del XIX secolo, per quanto feroci e sanguinose, nessuna raggiunse il livello di crudeltà nei confrontio dei civili inermi della guerra d’invasione del Messico da parte degli Stati Uniti d’America. Il parossismo dell’odio razziale nei confronti dei messicani da parte delle milizie volontarie calate da ogni stato e grande città dell’Unione superò per efferatezzsa qualsiasi altro conflitto dell’Ottocento” scrive Pino Cacucci nella nota che chiude il suo libro Quelli del San Patricio (Feltrinelli, 2017).

Il libro è una ricostruzione di quella guerra, dal punto di vista di una sorta di brigata internazionale, costituita da uomini che avevano disertato dall’esercito regolare statunitense ed erano passati a combattere dalla parte dei messicani. Quelli del San Patricio, lasciata l’Us Army, diventano un contingente d’artiglieria e un’unità d’assalto, con una forte presenza di irlandesi arrivati nel Nuovo Mondo spinti dal sogno di migliori condizioni di vita e di lavoro che il loro paese non poteva più garantire.

Il protagonista è John Riley, personaggio storico, che serviva nell’ Us Army col grado di tenente. Disgustato dalle efferatezze compiute dai volontari texani, i rangers – già specializzati in caccia agli indiani e ai neri – Riley passa dalla parte degli aggrediti, che la grande stampa nordamericana e i grandi circoli industriali e finanziari dell’epoca definivano semplicemente barbari. Con un forte gruppo di irlandesi e altri europei, tra cui polacchi, tedeschi, scozzesi e qualche italiano, formarono il Battallon San Patricio, un’unità di artiglieria che combatterà con ardore gli invasori a sud del Rio Bravo e le cui gesta sono ancora oggi ricordate. Un contingente formato dagli uomini che provenivano dalle zone più povere del Vecchio Continente ma anche ex schiavi afro americani.

Nell’ultima accanita difesa di Città del Messico, il battaglione oppose un’eroica resistenza insieme a ciò che restava dell’esercito messicano. Alla fine i superstiti vennero catturati e impiccati. Con l’esclusione di John Riley che però subì durissime torture. Alla fine dell’esistenza di questo eroe sconfitto si persero le tracce. Forse morì qualche anno dopo e una statua lo ricorda oggi nella sua Irlanda. Uno spirito indomito, schierato dalla parte giusta.

Questo libro di Pino Cacucci ricostruisce quel biennio di sangue e lo fa schierandosi apertamente dalla parte dei messicani. Raccontando la crudeltà inaudita dei volontari texani- eccidi, stupri di guerra – grazie alla complicità degli altri gradi dell’esercito nord americano. Ma non manca Cacucci di sottolineare il sospetto tradimento del generale presidente Santa Anna, un uomo ambizioso, corrotto e incapace al quale il Messico si era affidato, oltre che la disastrosa condotta della guerra da parte degli stati maggiori messicani.

Pino Cacucci, Quelli del San Patricio, (Feltrinelli, 224 pagine, 9,50 euro, 2017)

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