Perché questa “sinistra” è rimasta senza popolo

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di Vindice Lecis

Le domande alle quali non possiamo più sottrarci sono: perché la sinistra (o la sua rappresentazione di comodo che va in onda ora) sta sulle balle a (quasi) tutti? Perché è scomparsa, unico caso in Europa, una forza di rappresentanza del mondo del lavoro (degli occupati, dei disoccupati, dei poveri) che lottavano per una prospettiva più avanzata, quella socialista? Perché è stata sostituita invece da movimenti di opinione di stampo liberale che hanno ben altre priorità rispetto all’equità sociale e al diritto al lavoro, allo studio e alla sanità e che non mettono in discussione lo stato di cose presenti?

La sinistra, un tempo di Gramsci, Togliatti e Berlinguer (e Lama, Trentin, Pertini) ha, oggi, nel proprio pantheon invece i Gad Lerner, i Raimo, i Saviano, i Boldrini. Ma anche Moscovici, Calenda e via dicendo. Tutte brave persone ma lontane e opposte agli ideali socialisti. Preferisce Mc Caine a Ho Chi Minh. Sinistra di falsari per nulla erede di quella storica, mentre edificava quello sgangherato baraccone che è stato, ed è ancora, il Pd (Bersani-D’Alema-Veltroni-Prodi anzitutto, sino alla mostritudine di Renzi, Boschi, Martina, Lotti). Un partito che ha attuato le scelte peggiori contro i lavoratori, la scuola e l’ambiente.

Magliette rosse, profili facebook listati arcobaleno, indignazione o mobilitazione immediata e pronta per qualsiasi cosa riguardi la sfera individuale delle persone, ipersensibilità sull’immigrazione con un atteggiamento compassionevole: sono i tratti più evidenti dei liberal. Accuse di razzismo a ogni piè sospinto coprono qualsiasi discussione ragionevole per un governo del fenomeno migratorio (non necessariamente quello dell’attuale esecutivo), per frenarlo anzitutto e per fare integrazione, ora del tutto inesistente. Questo è l’armamentario rassicurante della presunta sinistra. Il nulla. Come l’agitare il pericolo del fascismo alle porte urlato da quanti hanno instaurato il regime dell’austerità per dieci anni e ora vogliono ripulirsi. L’austerità sì che ci ha portati al disastro e vicini al fascismo monetarista e finanziario.

Al contrario, di questa pseudo sinistra, spicca il silenzio sugli incidenti mortali sul lavoro. Liberal che disertano le battaglie per l’occupazione, che mostrano indifferenza ai diritti dei lavoratori. Globalista all’eccesso, al punto da disinteressaesi se l’industria italiana di varia dimensione finisce in mani straniere. Un segnale chiaro è stato l’aver consentito la libertà di licenziamento decretata da Renzi e Confindustria, e la superiorità morale ostentata verso chi è costretto a una vita difficile di precarietà. Meglio i capitani d’industria, gli amministratori delegati, i padroni.  Menefreghismo per disoccupati e nuove povertà e, anzi, opposizione contro i provvedimenti di reddito – a tempo – per non morire di fame. Peggio di così il Pd e cespugli non potevano essere.

La “sinistra” impersonata da quel partito – e da qualche giornale che ha persino ri-scoperto l’Anpi, adesso “buona” mentre quella del No al referendum era cattiva, Boschi docet – difende i mercati e le loro leggi di profitto, che sono antiche e feroci. Sostiene, e ha sostenuto, l’austerità senza sconti, appoggia le élite dominanti contro i poveracci e i deboli e si esalta appena sente parlare di spread. Odia gli investimenti pubblici, teorizza la scuola delle competenze e non della conoscenza, si commuove davanti a università che somigliano a sedi della Confindustria, difende persino società autostrade dagli strali “punitivi” appena vagheggiati dal governo. E a questo governo fanno opposizione da destra.

Questa autodefinita sinistra ha fatto spallucce sulla macelleria Fornero sulle pensioni, e teorizzato l’intangibilità dei meccanismi perversi dell’austerità applaudendo, ad esempio, quei commissari europei che oggi attaccano, minacciano e insultano il nostro Paese. Un tempo avremmo rispedito al mittente queste offese mentre oggi non si può, è vietato dal politicamente corretto: il nostro orizzonte è infatti incatenato a quello dell’Europa dei mercati, della finanza, della cessione di sovranità sempre più inflessibile.

In sintesi: questa cosiddetta diffusa sinistra ha abbandonato ogni idea di battaglia sulle questioni vere al centro dello scontro: quella cioè per riequilibrare i rapporti di forza a vantaggio delle classi popolari rispetto a chi ha portato il paese nella crisi facendola pagare ai ceti subalterni e aprendo le porte a questa malsana melassa al governo.

Il risultato di mesi di guerriglia a colpi di Europa, spread e allarme di fascismo è che i due partiti di governo – M5S e Lega – superano il 63 per cento delle intenzioni di voto mentre il Pd che voleva essere l’autobus di ogni sciocchezza propagandistico-elitaria scende al 15%.

Nel Paese dove esisteva il più grande Partito comunista dell’Occidente, la sinistra è così sparita, volatilizzata, scomparsa. Oppure mimetizzata ai Parioli e in qualche altro pensoso cenacolo. Poteva essere diversamente dopo le ricette scellerate di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni? I temi tradizionali della ragione d’essere della sinistra sono stati cancellati da tempo – il pensiero di Prodi e Veltroni è stato terribile sul ruolo dello stato e sulla forma partito – oppure espulsi dalla storia di questa modernità.

Quindi stop al conflitto capitale-lavoro (ottocentesco, che diamine) base della lotta per la giustizia sociale, e abbandono delle battaglie contro la diseguaglianza, per far pagare la crisi ai ceti abbienti, o mettere i diritti del lavoro al centro a cui accompagnare quelli civili. E ancora la lotta senza quartiere alla precaretà, la cancellazione della Fornero, la Patrimoniale da far pagare a chi ha di più, a chi detiene la vera ricchezza. Invece di incalzare il governo su questo, si fa opposizione in nome dei mercati. Non si lavora sulle contraddizioni della nuova maggioranza perchè non si capisce che i 5 Stelle non possono proporre ridistribuzione di reddito, non riuscendo a concepire l’enorme rendita accumulata sulle spalle e in danno di lavoratori, disoccupati e pensionati. E la Lega sponsorizzata da Confindustria anzi la troviamo dall’altra parte.

E’ chiaro che cosa non deve essere la sinistra? O pensiamo di rassicurarci con le vignette ironiche e i fotomontaggi su facebook? Ma piantatela poveri illusi. Non si capisce che attaccare il governo sullo spread e in nome dei mercati serve poco anche perché non ci si accorge che in quella sedicente finanziaria del popolo, ad esempio, la flat tax ci passa sotto il naso con un possibile taglio di 5 miliardi ai servizi, al welfare? O che si sigla una presunta pace fiscale lasciando da parte la maxi evasione che supera i 100 miliardi? Su questo, silenzio. Che opposizione è se invece questa sinistra salottiero-editoriale lecca i piedi all’Europa della finanza e si spaventa per il deficit e persino per il reddito di cittadinanza?

Continuate a parlare d’altro – e a sbagliare sull’immigrazione – e a non vedere la vera posta in gioco. L’ agenda intanto la scrivono i fanatici del mercato o i fautori di un pensiero borghese subalterno, impersonato da tutto quel concentrato di organismi, editoria, intellettuali che ha avvelenato i pozzi. Passare all’offensiva significa invece gettare alle ortiche tutto il bolso armamentario imposto alla “sinistra” dalla borghesia elitaria italiana e dai ceti economici dominanti che l’hanno colonizzata e usata. E passare all’offensiva con i temi della tradizione popolare e democratica – e principalmente quella comunista italiana – pur con le opportune novità. Perché, ricordava Gramsci – citando Carlo Marx – “una resistenza che si prolunga troppo in una piazza assediata è demoralizzante di per se stessa. Essa implica sofferenze, fatiche, privazioni di riposo, malattie e la presenza continua non già del pericolo acuto che tempra, ma del pericolo cronico che abbatte”.

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