Governo Draghi sempre più a destra: ma davvero non ha alternative?

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di Vindice Lecis

«There is no alternative», non ci sono alternative predicava Margaret Thatcher negli anni in cui era alla testa del governo britannico, mentre smantellava lo stato sociale e i diritti in nome del neoliberismo e del capitalismo più sfrenato. Con questa frase, un vero slogan dei conservatori più retrivi, indicava che non ci sono alternative a una politica orientata al dominio del mercato, preda della concorrenza e del profitto, a scapito delle rivendicazioni sociali, civili e ambientali.

Non ci sono dunque alternative a Mario Draghi e al suo governo fortemente condizionato dalle pulsioni da resa dei conti della Confindustria e dei circoli atlantici e finanziari?

E’ ciò che predicano quotidianamente i mezzi di informazione raccogliendo e rappresentando gli orientamenti profondi di una parte del Paese. La medicina di Draghi e del suo governo serve a spostare in avanti i rapporti di forza a vantaggio delle imprese e delle élite finanziarie “europeiste”. Sorprende che i sindacati, e segnatamente la Cgil, appaiano titubanti nella risposta. L’accordo sui licenziamenti è un rammendo disperato: prima di cacciare i lavoratori saranno usati gli ammortizzatori sociali, si dice, ma come raccomandazione. Draghi e il suo governo (con la destra, il Pd e Leu) hanno accettato la logica confindustriale, bizzarra, che sia possibile e auspicabile licenziare laddove i settori economici siano in ripresa. Questo rivela una volontà assoluta e feroce di avere le mani libere, una concezione padronale dei rapporti di lavori e una visione dello “sviluppo” come puro profitto. Servirebbe il conflitto per rappresentare gli interessi dei lavoratori.

Questi quattro mesi di governo Draghi – nato sulla base di una potente congiunzione politico-economica-finanzaria ai danni del precedente esecutivo – hanno dimostrato in tutti gli atti che è a misura d’impresa. Tradotto in linguaggio politico accessibile, è la dimostrazione di una profonda svolta a destra.

Pochi esempi ma chiari. Prendiamo l’ambiente e la strombazzata (in particolare dal fuori di testa Beppe Grillo, uno dei folgorati da Draghi, come Renzi, Salvini e Letta) transizione ecologica che sta sempre più prefigurandosi come una gigantesca carta in mano alle grandi imprese per ristrutturarsi a spese dello Stato. La valutazione di impatto ambientale diventa un fatto dovuto e rapido e l’attenzione resta ben salda sul gas e sugli inceneritori. Dove è la transizione, dunque?

Il lavoro resta precario nella concezione – anche nella pubblica amministrazione, nonostante la grancassa propagandistica di Brunetta – e il ministro Pd Orlando non ha mosso un dito, anzi si è inventato la settorializzazione dello sblocco dei licenziamenti, per evitare la macelleria sociale. Inoltre sugli appalti ritorna la berlusconiana legge-Obbiettivo (già definita dalla magistratura “criminogena”) in mano alla filosofia spicciola della “semplificazione”. Che significa: meno controlli, appalti integrati, procedure lampo, varianti che aggirano gli enti locali.

Il fisco che il governo e la maggioranza destra-pd-grillini sta ridisegnando si presenta con un marchio di fabbrica: il calo delle imposte sui profitti. Più a destra persino di Biden. Oltre a una vaghezza insopportabile sulla lotta all’evasione.

I pochi, i ceti privilegiati  hanno spinto per la nascita di questo governo così da poter riscrivere un pezzo di storia repubblicana per la gestione dei miliardi dell’Ue a danno dei molti che sono le classi lavoratrici. Che purtroppo sono prive di rappresentanza per la tutela dei propri interesi. Assistiamo infatti al paradosso di poveri  che latrano contro altri poveri contro il reddito di cittadinanza. Nel frattempo il Pd e Leu sono silenti sulla vergognosa canea scatenata dai padroni sui “giovani che non vogliono lavorare”. Non vogliono essere schiavi e sfruttati, chiedono salari adeguati ecco che cosa chiedono.

Per evitare di parlare di tutto questo, si alzano cortine fumogene. Una di queste è sul ddl Zan che meriterebbe una discussione approfondita e invece viene brandita come il discrimine tra destra e sinistra. Il che è una grande mistificazione. Ha scritto la studiosa Francesca Izzo: “Sarebbe stato opportuno, per raggiungere l’obiettivo che il ddl si propone, seguire una prassi che ha dato buoni frutti: in campi eticamente e culturalmente sensibili, è bene cercare il più largo consenso senza trasformare queste istanze di civilizzazione della vita associata e di rispetto delle persone in una contrapposizione di schieramento politico, schiacciando, come purtroppo è accaduto, ogni voce critica su una secca alternativa ‘sì o no’, prendere o lasciare”.

In politica estera l’allineamento totale, di vera subalternità, con la politica estera Usa, certo non una novità, è uno dei dati fondamentali. L’atlantismo è la vera ispirazione di fondo del governo  caratterizzato dalla discriminante tra democrazia e stati autoritari. Tra questi ultimi ci sono naturalmente Russia e Cina ma non ad esempio il Qatar – affari col gas – e l’Arabia Saudita – petrolio- i veri cani da guardia di Usa e Israele in medio Oriente . Di fatto una sorta di nuova guerra fredda, quella che ha creato nei decenni scorsi il riferimento “culturale” all’esportazione della democrazia verso i paesi di volta in volta definiti autoritari o dispotici (Iraq, Libia, Siria) con la guerra o con sanzioni e tentativi di golpe (Cuba, Venezuela, Cile e altri). In pratica una giustificazione etica per gli affari di sempre.

Mi rifiuto categoricamente di pensare, anche se i tempi sono difficili, che non ci siano alternative al governo Draghi, al liberismo, al precariato, alla sanità per ricchi. Studiare, vigilare, lottare ecco che cosa bisogna fare. E non farsi fottere dalla propaganda.

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