Migranti tra accoglienza e schiavismo: l’Italia al collasso, l’integrazione che non esiste e le ciniche anime belle

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di Vindice Lecis

Tra accoglienza e schiavismo, L’Italia è in piena emergenza. Negarlo è da irresponsabili e serve solo a lavarsi la coscienza. Hot spot, centri di prima accoglienza, strutture di varia natura e chiarissimo degrado sono al massimo della capienza. Anzi, scoppiano letteralmente. Ogni pochi giorni le prefetture inviano messaggi disperati e ultimativi ai sindaci chiedendo loro di reperire capannoni, case sfitte, palazzine abbandonate. Non si va troppo per il sottile: qualsiasi buco miserabile serve alla bisogna. Il governo che ha scelto la politica dell’accoglienza umanitaria senza badare a quello che c’è subito dopo lo sbarco, se ne sta letteralmente lavando le mani. La giusta esigenza di salvare vite umane si sta trasformando in qualcosa di inquietante: porte aperte a tutti, anche agli schiavisti che stanno mettendo radici e hanno fatto dell’Italia – dopo la chiusura delle rotte balcaniche – il punto d’approdo più redditizio dell’immigrazione clandestina.

I dati sono impressionanti. Nei primi dieci mesi di quest’anno sono arrivati in Italia sbarcando sulle nostre coste, 144.640 migranti. In tutto il 2015 erano stati 137.316 e l’anno prima 146.919. Dove sono e che cosa fanno? Alla prima domanda si può rispondere citando i dati del Ministero dell’Interno: 127.252 sono alloggiati in strutture “temporanee”, 13.914 in centri di prima accoglienza e 946 in hot spot. Che cosa si nasconde dietro questa parola? Si tratta di un punto di primissimo smistamento allestito in prossimità dei luoghi di sbarco dove polizia, tecnici dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, Frontex ed Europol assicurano identificazione e registrazione dei migranti in arrivo (compreso il prelievo delle impronte digitali) per distinguere quelli che hanno bisogno di protezione internazionale da quelli che non ne hanno bisogno.

Di questo ultimo aspetto riparleremo, vale a della ricollocazione in paesi terzi rispetti all’Italia e degli status di rifugiato. Oggi in Italia sono presenti 164.304 migranti sbarcati sulle nostre coste. Che attendono di sapere che cosa riservi loro il destino. Ed è proprio la ricollocazione che non funziona o procede a rilento trasformandosi in una delle cause del collasso delle strutture di accoglienza. Renzi e Alfano non vogliono vedere: scaricano tutto sui sindaci e le comunità. I migranti ricollocati sono infatti solo 1318. In attesa di transfer 367, 1115 quelli in attesa di approvazione dallo Stato nel quale sono destinati, mentre altre 2459 sono pratiche in lavorazione. In tutto, aggiungendo coloro che scompaiono appena sbarcati, le pratiche rigettate e i rinunciatari la somma arriva a 5421 persone. Su una massa di oltre 160 mila è un disastro.

I richiedenti asilo sono stati 11.446 soltanto nel mese di agosto, il 21% dei quali di nazionalità nigeriana.  I dinieghi alla richiesta sarebbero intorno al 58%.

La Sardegna è al collasso. L’isola copre il 4% dell’ospitalità e ha già superato la quota stabilita dal governo. Si tratta di 6050 migranti, di cui 5873 ospitati in strutture temporanee e 177 nei comuni che aderiscono al progetto Spar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati costituito da una rete di enti locali). Nel porto di Cagliari sono sbarcate 6678 persone. I migranti in Sardegna si considerano solo di passaggio e sono ospitati a lungo in strutture di accoglienza del tutto inadeguate: capannoni, aree dismesse, palazzine cadenti, alberghetti in campagna. La Sardegna su questo versante annaspa e i sindaci sono in gravissima difficoltà. Le tensioni sono quotidiane. E qualcuno fa affari d’oro.

Non ci sono dati, ed è questa la seconda questione, su che cosa facciano questi migranti scampati dalle guerre, dalla siccità e in viaggio alla ricerca di una vita migliore. Tuttavia le cronache, le testimonianze, i rapporti che girano evidenziano che la stragrande maggioranza è parcheggiata nel nulla: costoro non lavorano, non studiano, sopravvivono, attendono qualcosa che non potrà essere garantita a tutti. Eppure leggi, regolamenti, normative sono chiare: “non tutti hanno diritto a restare”. E è giusto che si sappia.

Che cosa è necessario dunque? Che l’accoglienza umanitaria non si trasformi in qualcosa di differente in una cronaca di sbarchi senza controlli, indiscriminati, senza fine. I numeri degli arrivi sono altissimi e la capacità di integrazione, sociale ed economica, bassissima e a volte inesistente. Che gli schiavisti vengano perseguiti con l’energia che invece non c’è: molti di questi vengono individuati e rilasciati, spesso sono arrestati in Italia anche sette o otto volte! Che i ricollocamenti siano effettuati con rapidità sollecitando i paesi finali di destinazione. Che non passi l’idea che l’Italia sia un territorio dalle risorse illimitate e questo bisogna discuterlo anche con i governi dei paesi in transito. Che certi imprenditori italiani senza scrupoli non utilizzino i migranti come schiavi per contrapporli agli altri lavoratori. Infine, che l’Italia smetta di seguire ogni richiesta gerrafondaia di statunitensi, francesi o inglesi. I dati ci dimostrano che siamo in piena emergenza e chi fa finta di non vederla solo per strappare qualche soldo all’Europa, cinicamente apre le porte al razzismo.

Il rispetto vero della dignità di queste persone chiederebbe altre risposte: «Sarebbe opportuno – ha detto il demografo Giancarlo Blangiardo – creare le condizioni per cui 100 milioni di giovani possano lavorare nel loro paese, valorizzando le risorse umane e quelle naturali, che nel caso dell’Africa sono in entrambi i casi dalle potenzialità enormi. Senza considerare che se proseguirà lo sviluppo tecnologico ai livelli attuali in Europa ci sarà sempre meno bisogno della manodopera».

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