L’ambiguo Pisapia che vuole la casa comune col Pd

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di Vindice Lecis

Mi chiedo che cosa si aspettasse Nicola Fratoianni (segretario di Sinistra italiana, ndc) da piazza Santi Apostoli. Davvero da Pisapia Giuliano, già parlamentare indipendente di Rifondazione Comunista, già sindaco “arancione” (cioè né carne e né pesce) di Milano e sostenitore del Sì renziano (come Lerner, Prodi, Letta, Scalfari) per scassare la Costituzione, si attendeva un profilo di federatore della Sinistra? Sperava sinceramente che questo Gran Borghese, certamente dignitoso nei modi e nell’aplomb, molto amato da Repubblica (il bacio della morte) potesse somigliare a un Corbyn o a un Sanders?

E anche l’avvocato Falcone, pasionaria del Comitato del No al rererendum, icona del popolo costituzionale alla ricerca di un volto giovane e spendibile che voleva parlare in Santi Apostoli, mi chiedo che cosa abbia provato quando le hanno detto che era meglio che non parlasse (crudele legge del contrappasso per chi ha negato la parola al Brancaccio a Mauro Alboresi, comunista di troppo o troppo comunista).

Il discorso di Pisapia è stato comunque debole, sbiadito e generico. L’abolizione dell’Articolo 18 derubricato nella categoria degli errori insieme alle altre nefandezze del governo Renzi è come un boccone gettato sotto il tavolo della mensa. Un simbolo, nulla di più. Non si è sentita un’analisi di cosa sia stato il Pd renziano in questi anni, non una valutazione sul liberismo e sull’austerità, né una critica davvero approfondita a quest’Europa finanziaria. E né l’autocritica sul miserando appoggio al Sì. In questo ha ragione Fratoianni a definirlo poco chiaro nella mancanza di proposte “radicalmente alternative” al Pd renziano. Lo stesso Montanari – alter ego della Falcone nel generoso sforzo del Brancaccio, ma si può fare di più e meglio – ha trovato Pisapia “fumoso, equilibrista e soprattutto poco coraggioso: non ho capito che cosa pensa sulla riforma della Buona Scuola e su quella dei Musei. E nemmeno una parola sul suo Sì al referendum”. Penso che l’attesa di una risposta sarà lunga.

Per questo fa sorridere la forsennata campagna di stampa per costruire un’immagine accattivante e convincente attorno al tentennante Pisapia. Il giornalista Gad Lerner – da Lotta Continua a cantore del prodismo – lo definisce “leader riluttante”. E da Miguel Gotor, braccio destro di Bersani, arriva la descrizione di “leadership mite” definendolo comunque l’uomo adatto a sfidare il Pd.

Nella rappresentazione della stampa e della Tv italiane, lo scontro sarebbe dunque tra due sinistre: quella di Pisapia e Bersani e l’altra, quella di Renzi. Già definire di sinistra il Pd renziano è un ossimoro, un azzardo, una sostanziale menzogna. Di sinistra, anche moderata, non ha nulla. Si tratta di una grave mistificazione che esclude tutta quella parte del Paese che si rifugia nel non voto, o che si organizza altrove (in Eurostop ad esempio, o nei movimenti per la Costituzione, contro la guerra e, persino, nell’autodifesa dal Pd rappresentata dal Movimento 5 stelle). La sinistra è infatti un’altra cosa, semplice, chiara, riconoscibile: non quella indigesta melassa liberale che, dalla sciagurata scomparsa del Pci, ha infestato la sinistra italiana, imponendo un’agenda del tutto opposta a quella della trasformazione del Paese. D’altra parte il buon Bersani che cosa è? Un onesto ex comunista emiliano approdato al liberalismo, innamorato della libera concorrenza delle lenzuolate e fautore della riduzione dell’intervento dello stato in economia. Ed è il più a sinistra!

Nella piazza di Santi Apostoli si viveva la contraddizione più acuta: c’erano gli scissionisti del Pd che sognano un Pd senza Renzi perchè hanno fretta di ricostruire il fallimentare centrosinistra insieme alle anime belle del pisapismo (uscite persino da Sinistra Italiana, non un partito bolscevico) che smaniano per farsi notare. C’erano le varie minoranze del Pd (da Cuperlo a Orlando a Damiano) che vagheggiano un cambio di marcia del loro partito e (parole di Damiano al Corsera) danno la lettura più vera, quasi un disvelamento: “Pisapia ha scelto la casa comune” (si intende col Pd e il vagheggiato centrosinistra).

Eppure la sinistra è un’altra cosa ed esiste nel Paese pur non trovando ancora adeguata rappresentanza e onesta informazione. Quanti giornali hanno riportato la notizie di una assemblea con quattrocento persone dove è stato presentato il programma del Pci per l’Italia? Chi ha parlato della costituzione del movimento Eurostop e contro la Nato di sabato 1 a Roma? Nessuno o quasi. La sinistra non è clandestina ma c’è, si riprende i suoi temi, si batte per il lavoro e i diritti sociali, contesta radicalmente l’Europa, ripudia la guerra, vuole il proporzionale e si batte per un’alternativa non di governo ma di sistema. Può non piacere ma è questa, ed è tutta fuori dal Pd. Il contrario di quel “rigurgito settario e identitario” di cui straparla Cesare Damiano.

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