La sfida di Anthony Muroni e il “terzo polo” dei Quattro Mori

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di Vindice Lecis

Bisogna dare atto ad Anthony Muroni di aver avuto coraggio. Di lanciare la sfida, con pochi mezzi e truppe ancora incerte, a quell’idra multiforme che è il Pd sardo, che tutto guida e moltissimo controlla. Muroni stimola per questo la mia curiosità professionale. Mi interessa capire quali siano le idee che animano la volontà di costruire un’opzione politica alternativa in Sardegna. Una sfida da far tremare i polsi – specialmente per la eterogeneità delle provenienze – per colmare il vuoto provocato dal fallimento delle classi dirigenti regionali del Pd e di Forza Italia e rispondere al bisogno dei sardi di avere una rappresentanza. Vedremo come andrà. Intanto di Muroni – che gira la Sardegna, organizza conferenze tematiche e scrive – e del suo tentativo, si discute.

Muroni è un giornalista che ha diretto l’Unione Sarda dal 2013 sino al settembre del 2016. Quando ne ha lasciato la guida per divergenze con l’editore. Molte battaglie, sulle servitù militari ad esempio, sono state condotte con una certa energia. E’ sposato con la giornalista culturale Manuela Arca, con la quale ha una figlia di 13 anni. E’ tifoso molto acceso della Dinamo basket e, più disincantato, del Cagliari calcio.

In poco più di un anno la sua vita è cambiata: ha aperto un blog di successo mentre ora percorre i mari e le paludi della politica sarda. Tenta di federare le mille anime riottose del mondo che, per comodità, possiamo definire identitario (termine che a Muroni non piace perché di impianto nazionalistico). Dove convivono posizioni spesso antitetiche tra loro. “Tutti mi chiedono: che cosa ti ha spinto a farlo? E’ trascorso un anno da quando ho lasciato la direzione dell’Unione da un giorno all’altro. Esistevano problemi è vero, ma non pensavo di dover assumere una decisione così forte in modo talmente rapido. Quel 10 settembre 2016 feci una scelta. Pur ringraziando l’editore per l’opportunità e la libertà che mi era stata lasciata, soprattutto nei primi due anni, certe nuove condizioni non consentivano di restare. Mi ero spinto troppo avanti su certe battaglie. Ho deciso da un giorno all’altro. Ammetto che nel primo mese ho avuto uno sbandamento”.

Poi che cosa è accaduto? “Nel trigesimo dalla mia uscita, così definisco con gli amici quel giorno, mi sono interrogato su che fine avrebbero fatto le battaglie e i fronti lasciati aperti. Una vasta fetta di opinione pubblica sarda voleva e cercava rappresentanza. Al di fuori della vecchia politica e dei vecchi poli italiani. Su questo mi impegno oggi, insieme ad altri, naturalmente”.

Muroni autoproclamato come Pisapia? “Macché, mi sono rimboccato le maniche. E’ vero che appena non sei più influente o non occupi più una posizione di rilievo tanti ti voltano le spalle. E io ho continuato a fare il giornalista col mio blog. Che ha avuto successo. Quando sei credibile, quando sei a disposizione con idee, allora anche un blog diventa uno strumento per continuare la battaglia. Una sorta di avamposto che volevo coinvolgesse coloro che non intendevano restare fermi, passivi”.

Quando presentò il blog in un teatro cagliaritano, arrivarono in trecento. “E’ stata una bella spinta. Poi mi sono impegnato per il No al referendum costituzionale, dalla parte della Sardegna e dell’Italia contro Verdini e Renzi che avevano la complicità attiva del presidente Pigliaru. Terminata quella battaglia, molti hanno cominciato a invitarmi nei territori perché il blog non bastava più. Sono andato in decine di luoghi e ho parlato con fiducia. Ovunque sentivo dire sempre le stesse cose: non abbiamo casa, non siamo organizzati, la Sardegna non è rappresentata. Ci siamo interrogati allora con un gruppo di amici, sette per l’esattezza: perché non facciamo un’associazione nella quale far convergere le forze positive?”.

Sardos, la vostra associazione, è questo? “Sì, è anche questo. Un continuo divenire che ha come obbiettivo l’aggregare idee e progetti, e tutte le persone impegnate nella difesa dei valori e dell’etica pubblica. Un luogo fisico, anche, dove far confluire comitati per il paesaggio e ambiente, chi lotta per il lavoro buono, per più istruzione, per più storia sarda nelle scuole. Anche con professionisti e imprenditori stanchi di burocrazia, di doversi vendere per lavorare, o di far parte di corti per pietire un incarico. Non solo protesta dunque, ma anche proposta”.

Ma non si può eludere alla domanda dell’indipendenza che agita la sua area di riferimento (sardismo di varie osservanze), animata anche dalla suggestione dell’oggi in Catalogna domani in Sardegna. “Noi sappiamo che oggi la società sarda è spaventata dal richiamo all’indipendentismo. Non c’è ancora una cultura in questo senso. Noi tutti siamo abituati a considerarci italiani, ad esserlo, italiani. Noi sardi dobbiamo essere consapevoli che siamo però nazione senza stato. Come molte di queste, inserite in strutture statuali più grandi. Il problema è che non abbiamo coscienza non solo di essere nazione, ma lasciamo cadere anche la questione della rappresentanza dei reali interessi dei sardi. Oggi non abbiamo più diritto a muoverci liberamente, a uno sviluppo locale, abbiamo solo i relitti della grande industria che ha inquinato e lasciato pochi posti di lavoro o sviluppo duraturo. Piani e progetti che non erano pensati per la Sardegna: il fiume di soldi pubblici finiva nelle tasche di persone che scappavano. E con loro si formavano clientele, lobbies. Questi sono i problemi, a partire dalla rappresentanza. Chi guiderà la Sardegna non diventa allora una questione di poco conto”.

Indipendenza può diventare una bandiera da agitare nei comizi. Come il paradiso per i credenti. Ma la realtà? “Espongo una mia opinione personale: non credo che l’indipendenza sia un qualcosa da ottenere domani mattina. Prima, occorre capire  se siamo cioè in grado di esercitare sino all’ultimo tutti gli immensi poteri che lo Statuto regionale ci consente. Ci sono grandi possibilità, anche per lanciare sfide ad alto livello. Il contrario di ciò che hanno fatto Pd e Forza Italia che hanno subito, invece, gli ordini dei caporioni romani. Unendo anche un notevole approccio dilettantesco su molte questioni. Servono idee forti ma anche competenze per sfruttare tutto ciò che possiamo conquistare e ottenere. Questo vuol dire sfruttare al massimo l’autonomia”.

Tutti si candidano a diventare “terzo polo” della politica sarda. Ci sono quelli del M5S, che in realtà punta ad essere il primo. E poi il Pd e Forza Italia. “Pd e Forza Italia non esito a definirli giganteschi comitati d’affari. Le loro classi dirigenti sono ciniche perché hanno accettato tutto quello che le segreterie nazionali hanno imposto. Serve una classe politica che sia esterna a questi poli. Renzi e Berlusconi non chiedono il permesso a nessuno quando devono fare scelte sulla Sardegna”.

Separatismo e indipendentismo non fanno però sempre rima con progressismo. Taluni persino ritengono l’indipendenza un obiettivo che, in quanto tale, possa eliminare i contrasti delle classi e i conflitti tra interessi. “E comunque noi non diciamo “ce ne andiamo”. Vogliamo poter creare sviluppo per imprese, lavoro per i disoccupati di 18 o di 50 anni. Siamo di fronte a un drammatico fallimento di Pd e Fi che non danno risposte a nessuno. Un governo nuovo della Regione dovrà avere come punto di partenza la discontinuità con tutte le scelte fatte finora. Per intenderci: le riforme su sanità e urbanistica, nel caso fossero approvate, dovranno essere abrogate. L’approccio sull’urbanistica della giunta Pigliaru è sbagliato: pensare di intervenire sulle coste escludendo agricoltura e zone interne è sbagliato. Invece solo le coste perché vi sono interessi corposi Non è quello che bisogna fare perché così non si realizza sviluppo vero e duraturo. Per il turismo servono trasporti adeguati ed efficienti, prodotti di filiera, formazione professionale e non lavoratori da sfruttare e sottopagare. Dicono che col cemento allunghi la stagione: ma per fare che cosa? Per assumere persone a 500 euro al mese. La politica deve intervenire su questo punto. Non è accettabile che un imprenditore possa fare ciò che vuole. Serve un piano organico”. Altrettano per la sanità. “Il piano sanitario che stanno proponendo si basa solo sui tagli ai servizi. Come accade sul dimensionamento scolastico. Assurdo che si nascondano dietro i cosiddetti parametri europei”.

Destra e sinistra? “Siamo per i valori condivisi, un perimetro di valori etici invalicabili: no al razzismo, no agli egoismi, sanità e istruzione pubblici, assoluta indipendenza dai partiti italiani. I sardi sono senza casa, bisogna dargliela con la rappresentanza. Anche con i partiti che hanno una funzione fondamentale, quella della mediazione e della rappresentanza. Quando erano una cosa seria stavamo meglio”.

E nel frattempo attorno a un tavolo, quasi una dozzina di associazioni e movimenti di varia osservanza si stanno confrontando per un programma comune. Forse ne uscirà fuori il terzo polo dei Quattro mori.

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