Il secondo avviso di sfratto a Pigliaru, il pane guttiau e il declino delle classi dirigenti

Facebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedinmailFacebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedinmail

di Vindice Lecis

C’era una volta il pane guttiau ben confezionato, portato a un ministro del cerchio magico da un ambizioso e renzianissimo esponente sardo del Pd, che ora va per la maggiore. Oltre al pane guttiau il 4 marzo volevano però portare in dote anche la Sardegna a Renzi e Gentiloni. Invece è arrivato l’avviso di sfratto a Pigliaru e quello esecutivo alla classe dirigente Pd.

Il primo avviso per il presidente della giunta regionale era stato già recapitato la notte del 4 dicembre 2016. Con le sembianze di quel gigantesco 72,2% testardamente sardo – record nazionale – di No al referendum costituzionale. Il presidente, un compassato professore ma anche ultrà renziano, si era impegnato con toni da tifoso nella campagna a sostegno di quella “riforma”. Dopo il rifiuto da parte dei sardi a recepire i suoi consigli, aveva preferito far finta di niente. Così come aveva fatto il distratto, anche il sindaco di Sassari, Nicola Sanna (basta un SIndaco era stato il suo sfortunato motto) che aveva proseguito incurante il suo mandato.

Nonostante quella botta, che dimostrava la sfiducia profonda dei sardi verso le politiche nazionali e locali, la giunta regionale ha messo le vele verso gli scogli. Persino, avrebbe scritto Emilio Salgari, sciogliendo i fiocchi sul bompresso per filare più veloci. Verso il disastro. Sono del 2017 le cose peggiori, pensate o approvate, dal riordino sanitario alle norme urbanistiche dall’esecutivo Pd-Pds-Mdp e cespugli vari. Un cammino costellato da inciampi ed errori su pastorizia, agricoltura, trasporti e bilancio. “Gli stanziamenti a favore d’istruzione, diritto allo studio, welfare, giovani e turismo nel 2016 non hanno superato complessivamente l’8,7 per cento del bilancio, che tra l’altro è una quota inferiore rispetto al 2015, nonostante abbiano un’elevata valenza sociale ed economica” ebbe a scrivere la Corte dei Conti lo scorso 15 febbraio. Insomma, bacchettate ovunque.

Poi è arrivato il voto di queste politiche. Che ha ridotto al lumicino il Pd sardo. Grazie ai 5 Stelle in massima parte. A dire il vero i segnali, referendum a parte, si erano già evidenziati. Una dopo l’altra erano già cadute moltissime amministrazioni locali a vantaggio di 5 Stelle, destra e civici: da Carbonia a Nuoro, da Olbia a Oristano la carta geografica è zeppa di sconfitte del Pd. Restano a questo partito ora la giunta regionale e il comune di Sassari, sorta di virtuale ridotto della Valtellina vagheggiato dal gerarca Pavolini nel livido crepuscolo di Salò. Uno dei simboli di questa situazione è il flop elettorale di Gianfranco Ganau: una sconfitta cocente per il presidente del consiglio regionale, l’uomo che per un decennio ha tenuto in mano la città di Sassari. Che nel suo collegio senatoriale è arrivato terzo col 19% dietro Vittoria Bogo Deledda (M5S, 41%) e Antonio Moro (32%, destra).

Se un viaggiatore, alieno di cose sarde formulasse la fatidica domanda su chi comanda in Sardegna, la miglior risposta quale sarebbe? Fare un tour tra i santuari del potere. Si dovrebbero mostrare le strutture sanitarie e spiegare che sono uomini del Pd sia  l’assessore Arru che il supermanager Moirano. Potrebbe ammirare il nostro alieno visitatore, anche i santuari dell’università e della ricerca, densamente abitata da esponenti dem. E infine fare una capatina nei felpati meandri del Credito che sembra un dopolavoro Pd Le casseforti sono ben presidiate, dalla Fondazione Banco di Sardegna, ai consigli di amministrazioni sino alla Sarda Leasing. E poi giù con l’elenco di consorzi, consorzini, direzioni varie. Il Pd governa e controlla ogni cosa.

L’ottimo collega Vito Biolchini sul suo blog ha scritto che col voto sono state spazzate via quattro quattro classi dirigenti. A partire da quella del Pd, sorta di partito regime che si trova a contare gli spiccioli: 14.79% alla Camera (persino 4 punti sotto il disastro nazionale) e 15,34% al Senato. Un partito che prima era tutto – i cui organismi dirigenti coincidevano con i centri decisionali del potere pubblico e privato – ora si trova dietro il M5S e, alla Camera, costretto a mangiare la polvere di Forza Italia. Ma con il Pd sono stati puniti altri, anche gruppi dirigenti provenienti dalla sinistra autoreferenziale e dal mondo indipendentista.

I sardi hanno colpito il malgoverno e l’arroganza. O hanno immaginato di poterlo fare votando M5S. Come nella Sardegna del Seicento – che non votava però – dominata da rapaci viceré e da feudatari ricchi e potenti, anche nella nostra disastrata isola si è creata una casta di intoccabili di duchi, conti e semplici baroni. L’arroganza nei modi, nei comportamenti, nelle scelte e nei linguaggi è diventato il loro tratto comune. Giustamente si fa notare che il voto ha penalizzato un’idea di governo che ha multiformi espressioni.

Le giustificazioni del segretario regionale del Pd, Luigi Cucca, un’intervista alla Nuova, lasciano di stucco: la gente non ha riconosciuto al Pd di aver tirato fuori il Paese dalla crisi, ha detto, e di aver avviato la ripresa! sardi ingrati, dunque, condizionati da un destino cinico e baro di saragattiana memoria.

E gli altri, a parte i 5 stelle che in Sardegna hanno conquistato oltre il 42%?

Il Psd’Az canta vittoria per aver sfruttatoil vento maligno leghista. Ma, abituati alle giravolte sardiste – dagli anni sessanta si sono accordati con tutti, dal Pci al Pri, da Berlusconi a Salvini – immaginiamo possibili nuove conversioni. Politica senza etica.  Ma, oltre ai 5 stelle trionfatori in Sardegna nel cuore del potere Pd, per le altre formazioni sono tempi grami.

La destra non sfonda (2 deputati e 1 senatore su 25 eletti), ma si sta candidando alla guida della Regione confidando nella forza del suo apparato e nelle ambiguità di certe frange sovraniste.

Deludenti sono stati i risultati dell’aggregazione identitaria di Autodeterminazione, quelli del centro-sinistra di Liberi e Uguali e quelli di sinistra di Potere al Popolo. Non si costruiscono coalizioni in due mesi e tantomeno partiti. Si resta vittime delle proprie contraddizioni interne e, spesso, di strategie e impostazioni assai diverse tra le diverse componenti.

E’ già cominciato dunque il conto alla rovescia per le regionali e le comunali di Sassari. Con questi dati elettorali, per i 5 Stelle sarà una passeggiata. A meno che non si avvii una ripresa culturale e politica delle forze autonomiste e progressiste.  Un’ illusione identitaria o estremistica sarà sciocca e perdente. Serve invece un nuovo autonomismo con nuovi protagonisti. Una politica che non abbia paura di schierarsi e di mettersi alla testa delle battaglie che incidano negli interessi reali di lor signori. Che stiano a Roma o a Cagliari.

Oppure l’alternativa, alla quale non bisogna rassegnarsi, sarà quella di portare il pane guttiau al ministro di turno

Facebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedinmailFacebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedinmail

Be the first to comment on "Il secondo avviso di sfratto a Pigliaru, il pane guttiau e il declino delle classi dirigenti"

Leave a comment